Videogames in italiano si dice Zaccaria (1984)

L'articolo qui presentato fa parte dell'Archivio Storico di Quattro Bit ed è tratto dalla rivista Videogiochi n. 11 (gennaio 1984) pp. 45-49, fonte: Retro-gaming

VIDEOGAMES IN ITALIANO
SI DICE ZACCARIA


Visita alla ditta di Calderara di Reno, leader italiano (ed europeo) dei Videogiochi da bar e dei Flipper.

Calderara di Reno potrebbe sembrare un posto improbabile per fondare le basi di un impero del divertimento automatico, un impero cioè di flipper e videogiochi. Eppure non c'è niente di improbabile in questo paese in provincia di Bologna, sede di piccole e medie industrie, quelle che molti economisti definiscono la spina dorsale del paese.

In una via periferica quanto anonima di Calderara di Reno, tra una fabbrica di ricambi per macchine utensili e un'officina meccanica, c'è la sede dell'"impero": la fabbrica della Zaccaria. Dall'esterno non c'è alcun particolare segno di riconoscimento, se non la solita targa sul muro. Ma una volta entrati ci si trova subito nella sala esposizione, tra nuovi modelli di flipper e videogiochi: il campionario di quelle tredicimila "macchinette" che la Zaccaria produce in un anno.

Queste cifre pongono la Zaccaria al terzo posto nel mondo per la produzione di flipper ("Forse anche al secondo posto dopo la Bally Midway", dice Natale Zaccaria, direttore progetti dell'azienda) e al nono/decimo per la produzione di videogiochi, nonostante debba confrontarsi con i colossi americani e giapponesi che investono milioni di dollari per restare sulla cresta dell'onda di un mare sempre più difficile da navigare.

Natale Zaccaria, il nostro cicerone in questa visita alla più importante azienda italiana del settore, è il "creativo" tra i tre fratelli Zaccaria (gli altri due sono Marino Zaccaria, direttore commerciale, e Franco Zaccaria, direttore della produzione), fondatori e proprietari della società. È l'uomo che segue i nuovi progetti, cioè i nuovi flipper e i nuovi videogiochi.

Appassionato del suo lavoro, Natale Zaccaria riesce a interessare e incuriosire anche l'occasionale visitatore e a renderlo partecipe della lotta impari che questa giovane società deve sostenere contro i concorrenti d'oltreoceano.

"Noi abbiamo una buona esperienza con i flipper, mentre per i videogiochi gli americani e i giapponesi sono ancora molto avanti", spiega Natale Zaccaria. "In America hanno più possibilità economiche e tecnologie più avanzate di quante ne abbiamo noi in Italia. Noi allora dobbiamo metterci l'ingegno, l'estro, la fantasia e proprio in questi ultimi tempi anche nel campo dei videogiochi abbiamo ottenuto parecchie soddisfazioni".

Infatti, il primo ingresso dei videogiochi e dei flipper Zaccaria (dove la società è rappresentata da un distributore californiano) ha ricevuto un'accoglienza più che positiva sia da parte del pubblico che degli addetti ai lavori.

Money Money, l'ultimo videogioco Zaccaria è stato subito recensito positivamente dalla prestigiosa rivista Video Games, e Soccer Kings, uno degli ultimi flipper prodotti, è addirittura in testa alla classifica degli incassi redatta dal quindicinale specializzato Play Meter.

Questi risultati, che per alcuni potrebbero costituire dei traguardi, per la Zaccaria sono semplicemente dei punti di partenza. "Non ci fermeremo qui", afferma con una punta di orgoglio, "perché pensiamo al futuro. Stiamo conducendo delle ricerche sulle tecnologie più avanzate, andando anche a rastrellare informazioni e 'know-how' in USA e Giappone per poter competere con loro".

La competizione ovviamente avverrà - e avviene - sul terreno delle capacità creative, cioè della qualità, non su quello delle capacità produttive, cioè della quantità.

Ma la storia della Zaccaria è costellata di risultati sorprendenti, di "miracoli italiani", e qualunque obiettivo riuscisse a raggiungere non dovrebbe stupire più di tanto. È una storia di intraprendenza e successo che appartiene forse più al tanto decantato "american dream", anche se il modo in cui questo sogno è stato concretizzato è tipicamente italiano.


Nel 1963 Marino Zaccaria decise di installare nel bar di cui era proprietario un flipper. La novità fece subito breccia tra gli avventori e col passare del tempo - visti i risultati - cominciò a interessare anche i bar della zona.

Marino Zaccaria decise di farsi carico della distribuzione, ma in breve tempo il lavoro diventò troppo per una persona sola. Fu così che i tre fratelli si misero in società trovandosi a gestire circa un centinaio di "macchinette" tra flipper, calcetti e altre diavolerie elettromeccaniche.

Nel 1968 uscì una legge, intesa a scoraggiare il gioco d'azzardo, che vietava di dare premi di qualunque tipo. "Quella legge rischiò di rovinare completamente il settore: i flipper non incassavano più e così cominciammo a modificare le nostre macchinette, eliminando tutti gli automatismi che consentivano vincite di palline o partite".

Immediatamente vennero subissati di richieste per modificare altre macchine. E così da semplici distributori, i fratelli Zaccaria diventarono anche produttori (benché inizialmente di sole macchine modificate).

Cominciarono nel 69 in un piccolo garage di 6x4 metri. "Io ero il tecnico anche se non sapevo niente di elettrotecnica" dice Natale Zaccaria. "Decisi quindi di andare a scuola e così di giorno lavoravo e di sera andavo a scuola".

La prima vera svolta fu nel 1972: si chiamava Red Show ed era il primo flipper interamente progettato in Italia. "C'era molta differenza rispetto ai flipper americani, ma era ovvio visto che loro avevano quarant'anni d'esperienza sulle spalle".

Un altro anno storico fu il 1973. Alla prima esposizione di suoi prodotti alla Fiera Campionaria di Milano, la Zaccaria firmò anche un contratto d'esportazione con l'Inghilterra. Fu il primo di una lunga serie e oggi l'esportazione, soprattutto in Europa e nei paesi dell'est, rappresenta circa l'80% della produzione. Dal 73 al 78 la ditta crebbe, passando da circa 80-90 dipendenti a più di 130 (attualmente sono circa 200).

Il 1977 fu un altro anno importante. Fu l'anno della Grande rivoluzione nel mondo del divertimento informatico: entrò in scena l'elettronica. Arrivò il videogioco e il flipper elettronico. La Zaccaria, fino ad allora ditta esclusivamente elettromeccanica, si trovò impreparata ad affrontare la nuova situazione. Ma reagì con coraggio e decisione, e con un pizzico di improvvisazione tipicamente italiana.

Fu assunto personale specializzato e in sei-sette mesi la Zaccaria si convertì da industria elettromeccanica in industria elettronica. "Ancora oggi mi chiedo come abbiamo fatto". Insomma, nel gennaio 78 era pronto il primo flipper elettronico italiano: Winter Sport. Parallelamente furono gettate le basi per la progettazione in proprio di videogiochi.


"In quel periodo fu creato il primo laboratorio di sviluppo del software e attualmente ben 20 persone lavorano nei nostri laboratori, dove vengono elaborate le nuove idee e dove si produce il software. Di queste venti, sei si occupano del software per videogiochi e sei del software per flipper". E così nel 1980 nacque Quasar, il primo videogioco interamente ideato e realizzato dalla Zaccaria (probabilmente in assoluto il primo videogioco italiano).

Da Quasar, attraverso giochi come Skorpion e Laser Battle (il primo gioco italiano ad attraversare l'Oceano Pacifico [sic] in senso inverso), si è arrivati al già citato Money Money: un gioco che non ha da invidiare niente a nessuno dal punto di vista grafico. Sono così sei i videogiochi fino ad ora prodotti dalla Zaccaria, ma sono molti di più quelli che la società ha prodotto su licenza delle case americane per il mercato italiano o europeo.

Questo delicato lavoro di assemblaggio, la Zaccaria lo svolge soprattutto in collaborazione con la Bally Midway (per esempio Tron). Pratica sviluppatasi recentemente dopo che l'aumento del dollaro e le spese di spedizione hanno reso proibitivo per il mercato europeo importare i videogiochi direttamente dagli Stati Uniti.

Ultimamente, la Zaccaria e la Sega stanno valutando l'opportunità di produrre in Italia Astron Belt, il videogioco - videodisco, per la distribuzione in Europa. Su questo nuovo gioco, che la Zaccaria ha già distribuito in Italia in alcune sale gioco-campione per effettuare dei test, ma anche sui videogiochi - videodisco in generale, Natale Zaccaria ha le idee molto chiare.

"Questi giochi sono il futuro dei videogiochi. È evidente però che bisognerà scegliere bene i 'temi'. Per esempio so che la Sega sta lavorando a un gioco che simuli una corsa di formula uno: il giocatore si trova a guidare una macchina e vedere davanti a sé la strada vera e propria. È proprio come essere in macchina".

"Altri 'temi' invece si prestano meglio a essere sviluppati al solito modo: generando cioè le immagini con il computer. Comunque bisogna stare attenti a fare critiche, poiché questi giochi vengono migliorati piano piano, basandosi sugli errori ed esperienze precedenti".


La visita è finita. Dopo aver girato gli uffici dei disegnatori e grafici, il laboratori dei softwaristi e la zona di produzione, dopo aver curiosato a destra e a manca e aver provato i nuovi giochi nella sala esposizione, Natale Zaccaria mi accompagna all'uscita.

Ci salutiamo e mentre mi accompagna alla macchina dice: "Non può immaginare quanto lavoro ci vuole per creare un videogioco, ma non può neanche immaginare quanto sia divertente! Ideare un gioco o svilupparne la produzione è sempre un'esperienza nuova, che non potrà mai ripetersi uguale".

BOX - RITRATTI DI FAMIGLIA

La storia di una ditta come la Zaccaria è nei suoi flipper e nei suoi videogiochi. Ecco qui una galleria di "personaggi" nati dall'inventiva e dalla fantasia dei grafici, disegnatori, programmatori e creativi della Zaccaria.

SKI JUMP (1979)
SHOOTING THE RAPIDS (1979)
FUTURE WORLD (1980)
FIRE MOUNTAIN (1980)
STAR GOD (1981)
HOT WHEELS (1981)
SPACE SHUTTLE (1981)
EARTH WIND FIRE (1982)
SOCCER KINGS (1982)
TIME MACHINE (1983)

QUASAR (1980)
LASER BATTLE (1981)
MONEY MONEY (1983)

BOX - COME NASCE UN VIDEOGIOCO ZACCARIA

"Si può partire dall'idea del gioco (per esempio, un gioco di labirinto o del tipo 'tiro al bersaglio', n.d.r.) che poi vesti con una grafica e un tema appropriati, oppure si parte da un tema, un argomento dal quale ricavi le regole del gioco".

"Il secondo passo consiste nel mettere su carta l'idea del gioco. Dopodiché i programmatori cominciano a lavorare al computer, immettendo tutti i dati, fino a che non è pronto il gioco. Questa seconda fase dura circa tre mesi (vi lavorano un grafico e due programmatori). Una volta che il gioco è sul monitor bisogna provarlo, e a volte la prova non dà i risultati sperati e bisogna modificarlo. Questa fase di prova può durare anche due mesi. Solitamente li proviamo esternamente: per esempio, a Bologna usiamo per i test di reazione dei giocatori la sala giochi Antares".

"Insomma, ci vogliono dai sei ai sette mesi prima di iniziare la produzione di serie. Questo nel caso si tratti di un videogioco, diciamo così, normale. Se invece è un videogioco con effetti speciali particolari, allora la fase di progettazione può durare anche un anno".

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