Commodore avanti tutta!! (1983)

L'articolo qui presentato fa parte dell'Archivio Storico di Quattro Bit ed è tratto dalla rivista TV Video n. 13 (gennaio 1983) pp. 22-23, fonte: Retroedicola

[Intervista a Sergio Messa, primo direttore generale della Commodore Italiana. Siamo alla fine del 1982, con Messa insediato ai vertici Commodore solo da pochi mesi. Interessante il riferimento all'origine del nome aziendale, che differisce in parte da ciò che verrà poi narrato in anni successivi da Tramiel stesso.]

Commodore avanti tutta!!


Già lo sapevate, i video giochi possono essere un modo di entrare, per gioco appunto, nel mondo magico e dalle infinite possibilità del computer. Ce lo spiega Sergio Messa, boss della Commodore.

di A.G. Pinketts

Più società si contendono la palma del pionierismo in quella che sta diventando una rivoluzione incruenta ma non meno efficace che sovvertirà, e lo sta già facendo, il mondo del lavoro, dell'educazione e del tempo libero.

Per coloro i quali credono che sia il tempo delle «apple», Sergio Messa, dinamico Direttore Generale della Commodore Italiana, ribadisce con la sua attività che i «personal computer» e i video giochi della Commodore guidano la flotta dei computer dai mari del presente agli oceani del futuribile.

Sergio Messa ha il fisico del ruolo del giovane manager. Ignoriamo se per natura propria o per suggerimenti di uno dei suoi personal computer. Mi riceve nel suo ufficio e tra panini in attesa (non si parla con la bocca piena) e spartana acqua del rubinetto, inizia l'informale ma informatica intervista.

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Nel corso degli ultimi dieci anni c'è stata un'evoluzione che ha reso possibile un rapporto più umano e diretto tra l'uomo che usa il computer e il computer stesso. La stessa espressione «personal computer» è sintomatica. Come nasce il personal computer della Commodore?

Non credo di poter essere smentito se affermo che stiamo vivendo un momento particolare, paragonabile come importanza alla prima rivoluzione industriale, caratterizzata dal fatto che la tecnologia del computer è in tutte le aree applicative. E oggi il personal computer è praticamente una calcolatrice tascabile. In questo senso la Commodore ha una missione da compiere: diffondere la cultura del calcolatore alla massa più ampia possibile mettendo a disposizione il computer al bambino di cinque anni e all'uomo di novanta.

Mi vorrebbe spiegare in quale modo Lei fa «il missionario in seno alla Commodore»?

La Commodore Italiana è una società relativamente giovane, siamo presenti in Italia da gennaio e io personalmente sono responsabile per l'Italia dal mese di maggio. In virtù della diffusione dell'era del computer nel mondo intero io mi sento di fare «il missionario» contribuendo a diffondere il linguaggio dei computer ai più diversi strati umani e sociali.

Visto che Lei, come Loredana Berté, non è una signora, potrebbe dirmi la sua età per identificare meglio la sua figura col suo compito?

Ho quarantatré anni e sono da più di venti nel settore dell'informatica. Attraverso esperienze direzionali in più società del settore sono arrivato a quella che probabilmente è la più gratificante esperienza di lavoro e di diffusione.

Sergio Messa, il dinamico boss della Commodore

Lei prima parlava di seconda rivoluzione industriale. Il ruolo di diffusore di una nuova cultura tecnologica non la spaventa?

La responsabilità esiste certamente, ma la sento in termini di disponibilità della cultura italiana a reagire in maniera propria a questo fenomeno nuovo dell'evoluzione di questo settore. I nostri sforzi oggi in Italia sono tesi a garantire e favorire la diffusione di questa cultura, accompagnandola al concetto del «guai se i ragazzi di oggi non imparano il linguaggio del computer e non si attrezzano a impostare il proprio metodo didattico attraverso il computer».

Lei sa che secondo la legge evolutiva, perché una razza sopravviva, un'altra meno idonea è destinata a scomparire. A chi sopravviverà il personal computer?

Questo è un mondo nuovo e quindi il personal computer occuperà spazi nuovi non nuocendo, quindi, a strumenti preesistenti. Io vedo nei prossimi vent'anni un personal computer sulla scrivania di ogni impiegato che oggi ha una calcolatrice.

Non sarà quindi una prerogativa esclusiva del manager, quindi?

No, la rivoluzione sta proprio in questo. Non sarà solo il manager ad avere disponibilità di colloquio col proprio computer.

Come s'inserisce il discorso dei video giochi con l'importanza del personal computer di cui prima si parlava?

Il nostro approccio è questo: creare dei computer che facciano anche dei video giochi, rivolgendoci a tutti coloro che non vivono solo di cose serie ma che amano anche divertirsi e, dopo aver imparato la lingua del futuro, si possano rilassare giocando una partita di calcio col proprio computer.


Dal punto di vista economico al ragazzino che voglia giocare col video gioco non conviene infilare le 200 lire al bar, piuttosto che comprarsi un personal computer?

Infatti io sostengo che il ragazzino, anziché spendere trecentomila lire per comprarsi un video gioco da applicarsi al televisore, tanto vale che aggiunga centocinquanta mila lire in più e abbia un computer che fa anche i video giochi.

Veniamo al problema del «chinese copy», le case di Formosa, Hong Kong o giapponesi che copiano il prototipo di un computer e lo propongono a prezzi ridotti...

La Commodore è una società internazionale anche dal punto di vista della produzione. Abbiamo infatti fabbriche in America, Germania e a Hong Kong, nel cuore del «chinese copy». Però è una specie di blocco occidentale e non teme concorrenti, del resto privi del know how tecnologico. Il pericolo «giallo» è ancora lontano e la Commodore ha già pronta la generazione anti-giapponese.

Una curiosità: da cosa deriva il nome Commodore? Dall'Ammiragliato del settore?

No, il fondatore della Commodore, un «taxi driver» americano, nel 1947 iniziò a interessarsi di elettronica e oggi, oltre a essere divenuto uno degli uomini più ricchi al mondo e ad aver aperto il mondo al boom degli orologi digitali, ha dato il nome di Commodore alla sua società dal nome della sua macchina. Società che oggi sta prevedendo il futuro e, come le dicevo prima, rendera disponibile, anche economicamente, a tutte le classi sociali, nel lavoro e nell'educazione, l'uso del personal comptuer. Prevedo che fra qualche anno i personal computer saranno venduti anche nei supermercati.

Ma, restando ai supermercati, sarà come comprare il tonno o il salmone?

Non sarà mai un prodotto d'uso quotidiano.

Una trota, quindi...

In un certo senso, sì.

Per ora e ancora per poco, a quanto mi dice, l'identikit di chi usa il personal computer è quello dell'uomo di successo... Per ora chi usufruisce del personal computer non è ancora l'impiegato medio, a cui arriveremo tra qualche anno.

Tra qualche giorno...

Mi scusi non avevo l'orologio...

L'espressione «uomo di successo» non è correttissima: sarebbe meglio dire «uomo che avrà successo», perché accomuna lo studente al professionista, il geometra al titolare di una piccola fabbrica. Una chiave per il domani. Lo stesso video gioco, inserito nel personal computer, è un tramite di sicuro effetto per avvicinare il ragazzino al mondo dell'elettronica e, per usare un'espressione inflazionata, divertire istruendo a parlare il linguaggio del domani imminente.

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