Activision e Miwa Trading, intervista a Fiorenza Anelli

di Andrea Pachetti

Una delle prime pubblicità della Miwa Trading (1983), fonte

Questo articolo va a completare una lunga panoramica, iniziata nel 2015, riguardante i primi distributori di cartucce per videogiochi in Italia, approfondimenti che spero siano stati utili per comprendere meglio come si sia sviluppato questo settore nel nostro Paese. Dopo aver parlato della Melchioni, che si occupò del marchio Atari dal 1980 al 1983, e dell'Audist, importatrice di Imagic, giungiamo finalmente al discorso riguardante Miwa Trading e Activision.

L'importanza storica di Activision è fondamentale per numerosi motivi: certamente per la qualità tecnica dei propri videogiochi, ma anche per aver aperto il mercato statunitense allo sviluppo videoludico da parte di aziende e team indipendenti, le cosiddette "terze parti". Prima di Activision erano solo i produttori di hardware (Atari per il VCS, Mattel per l'Intellivision) a fornire di giochi le proprie console.

Activision inoltre celebrò per prima la figura del game designer, mostrandone il nome e il volto sulle copertine dei giochi, rendendolo di fatto il fulcro del marketing e dell'intera produzione. Fino ad allora i nomi dei migliori progettisti erano invece stati nascosti all'interno della catena produttiva, per evitare lo spionaggio industriale da parte dei concorrenti.

Dato che la distribuzione dei videogiochi Activision iniziò in Italia solo nella seconda parte del 1982, la Miwa Trading poté offrire già un consistente numero di cartucce: precisamente 15, tutte per Atari VCS. A partire dal 1983 iniziò anche la commercializzazione di giochi compatibili con l'Intellivision di Mattel, ma a caratterizzare quell'anno fu soprattutto l'incredibile successo di Pitfall!, che divenne ben presto il best-seller della società e uno dei giochi più amati dagli utenti: rimase infatti per molti mesi al primo posto nella classifica di gradimento della rivista Videogiochi.

Gabriele Ceccato nel 1984, fonte

Il 1984 fu invece un anno di cambiamento e crisi, come riflesso locale del videogame crash americano e dello spostamento dell'attenzione generale verso gli home computer. Activision, e di conseguenza anche Miwa, iniziarono quindi a concentrarsi sul Commodore 64: in una prima fase vennero convertiti per computer i maggiori successi dell'Atari VCS e successivamente iniziò la produzione di software originale. Miwa in particolare provò a diversificare la propria offerta aggiungendo anche la distribuzione dei prodotti Suncom (tavolette grafiche e joystick) oltre ai giochi della neonata Virgin Software, emanazione software dell'impero commerciale britannico di Richard Branson.

Ma ciò non bastò per rimanere a galla nel mercato italiano, una situazione in cui la pirateria industrale aveva ormai saturato ogni spazio, livellando verso il basso i prezzi e le aspettative degli utenti. Gabriele Ceccato, l'amministratore delegato di Miwa, per il 1984 parlava di 32.000 cartucce vendute e di solo 7.000 programmi per computer. Con questi numeri fu difficile continuare nel nuovo mercato dei computer, soprattutto quando la realtà pirata riusciva ad anticipare di settimane l'uscita ufficiale: fu il caso di Ghostbusters, il videogioco molto atteso di David Crane, che in Italia vendette poche copie proprio a causa della uscite illegali.

Ripercorriamo con dunque con Fiorenza Anelli l'ascesa e la caduta di uno dei più importanti distributori italiani di videogiochi, pioniere nel contatto col pubblico soprattutto grazie alla realizzazione della rivista periodica Activamente, il cui primo numero venne presentato durante il Sim HI-FI Ives di Milano del 1983.

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Penso che, per prima cosa, sia utile capire in che momento lei entrò nella società. Da ciò che ho capito la Miwa Trading si formò come società a Livorno, per poi spostare dopo poco tempo la sua sede a Milanofiori. Lei arrivò in Miwa da giornalista, con una laurea in giurisprudenza e dopo l'esperienza di press-agent per case discografiche. Mi più confermare questi fatti?

Miwa Trading si costituì a Livorno, città dove mantenne la sede legale per tutta la sua durata: il motivo di tale ubicazione è da attribuire alle origini del suo presidente Roberto Romagnoli che a Livorno già aveva costituito un'altra società. La prima sede di Miwa fu a Milano in via Bragadino e fu in quel momento che io entrai a far parte della società in qualità di responsabile marketing e commerciale. Solo successivamente spostammo i nostri uffici a Milanofiori.

Approdai in Miwa Trading da giornalista, con un'esperienza di capo ufficio stampa maturato nel settore discografico (CGD Messaggerie Musicali, WEA, Editoriale Sciascia). Fu per me molto stimolante cambiare realtà, in quanto i videogiochi rappresentavano un settore in fase di nascita e volevo farne parte per una sorta di curiosità e conoscenza. Allora ero molto intraprendente e desideravo riuscire laddove, fino a quel momento, nessuna donna aveva mai lavorato a certi livelli; infatti solo alcuni uomini avevano scalato il settore dell'elettronica.

Fiorenza Anelli nel 1984, fonte

Quali persone formavano l'organico di Miwa?

L'organico dell'azienda era costituito da Gabriele Ceccato quale Amministratore Unico; da me, Fiorenza Anelli, quale responsabile marketing, commerciale e capo ufficio stampa; il rag. Salvia (purtroppo non ricordo il nome di battesimo) quale responsabile amministrativo; Vincenzo Mazzone quale responsabile della logistica. Io mi occupavo ovviamente anche dei contatti con la casa madre statunitense e della scelta dei prodotti per il mercato italiano.

Vi erano altre attività collaterali alla distribuzione di videogiochi oppure era quello l'unico settore di cui lei si occupava?

In quegli anni mi curavo unicamente dello sviluppo e della distribuzione dei videogiochi Activision per i vari sistemi ( Atari, Mattel, Commodore 64, Sinclair), oltre ad occuparmi della promozione del marchio.

Gli "stemmi" dell'Activision, fonte

Una delle iniziative più interessanti di Miwa fu la pubblicazione di un bollettino periodico chiamato Activamente, a cui lei si dedicava in modo diretto. Come nacque quest'idea? Ho visto che all'inizio era un bollettino che veniva inviato per posta ai soci, in un secondo momento fu anche incluso nelle pagine della rivista di videogiochi Electronic Games.

Activamente, con sottotitolo Cara Fiorenza, è stata una "mia creatura" fortemente voluta, senz'altro per conoscere il target di riferimento dei nostri prodotti. Su questo giornalino si pubblicavano i titoli dei videogiochi in uscita, le classifiche dei punteggi che i nostri fedeli clienti raggiungevano e i premi che venivano mandati loro. Questi erano rappresentati da stemmi in stoffa molto originali, raffiguranti i giochi Activision, oppure da magliette con il logo Activision e lo slogan "fai parte del gioco Activamente".

Quindi questa pubblicazione fu molto utile per conoscere i vostri utenti e i loro gusti; di che tipo di pubblico si trattava? Erano più bambini, adolescenti o adulti?

Il nostro pubblico abbracciava tutte le età: si trattava prevalentemente di uomini dai 7 agli 80 anni, con una particolare concentrazione nella fascia degli adolescenti fino ai 20 anni.

David Crane e Benedetta Torrani a Tandem, fonte

Proprio in un numero di Activamente ho letto della presenza in Italia di David Crane, della Activision, per una serie di conferenze e in particolare una presentazione televisiva durante la trasmissione Rai Tandem. Può dirmi qualcosa a riguardo, cioè se la Miwa era stata coinvolta nella sua trasferta italiana?

Sì, David Crane, il più importante programmatore dell'Activision, fu invitato da noi in Italia e, insieme all'allora amico Aldo Grasso, inserito in un programma di lezioni tenute da lui con il nostro supporto agli studenti dell'Università Cattolica di Milano, oltre alla sua partecipazione in programmi televisivi, il tutto organizzato da Miwa Trading e da me in particolare.

Mi chiedevo quali scelte aveva fatto la Miwa per promuovere i propri prodotti, in particolare quali tipi di negozi aveva scelto come principali canali di vendita.

Miwa decise di distribuire i propri prodotti attraverso i nascenti computer shop, i negozi di giocattoli e in alcune catene della grande distribuzione che allora si stavano affacciando sul mercato italiano.

A partire dal 1984, l'interesse per il pubblico italiano dei videogiochi passò dai primi sistemi dedicati (es. Atari VCS e Mattel Intellivision) agli home computer come il Commodore 64 e il Sinclair Spectrum. Miwa, come altre società del periodo, dovette adattarsi al cambiamento e scontrarsi con il crescente fenomeno della pirateria di cassette e dischi...

Sì, Miwa Trading visse in modo molto forte il cambiamento dei videogiochi da quelli per consolle a quelli per home computer: questo cambiamento portò alla fine del mercato per il nascere sempre più prepotente della pirateria, e la conseguente chiusura della giovane azienda nel 1985.

Lei è poi passata a lavorare per Atari Italia come Marketing Manager, con Massimo Ruosi General Manager. Quanto è durata questa esperienza e con quali mansioni? Si trattava sempre di promuovere videogiochi?

Sì, ho lavorato in Atari dal 1985 al 1987 in qualità di marketing manager e direttore commerciale, con Massimo Ruosi General Manager e Ernesto Zanzi come Amministratore Delegato. Mi sono occupata marginalmente dei videogiochi e specificatamente dei pc che andavano a posizionarsi con i Macintosh Apple come caratteristiche tecniche, ma ad un prezzo finale più accattivante.

Nello specifico mi sono occupata della diversificazione dei canali di vendita, un vero e proprio trade marketing, sicuramente innovativo per quegli anni. Ho maturato in Atari una significativa esperienza presso la Casa Madre californiana.

Questa è stata per me l'ultima esperienza nel "magico" mondo dei videogiochi e dei personal computer (loro naturale evoluzione) dopodiché sono approdata nel marketing Philips dei piccoli elettrodomestici della linea cucina.

Si parla quindi dei computer a 16-bit della serie ST?

Sì, certamente mi riferivo al computer della serie Atari ST, voluto fortemente da Jack Tramiel in quanto il suo motto è sempre stato "we need to build computers for the masses not the classes". Ho avuto l'onore di conoscerlo e di lavorare a stretto contatto suo e dei suoi collaboratori sia in Italia, presso la sede di Cinisello Balsamo in via dei Lavoratori, sia per nove mesi presso la casa madre californiana di Sunnyvale.

Un'esperienza indelebile e significativa che mi ha formata come manager e dove ho appreso la filosofia del grande Jack Tramiel, il quale voleva prodotti hardware (nuovo obiettivo per Atari) validi e alla portata di tutti, obiettivo che aveva già contraddistinto la sua politica in Commodore.

Riferimenti bibliografici:

(omissis, chiedere in privato via e-mail)

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